Musica sbagliata

Par Maria Antonella Balsano et Massimo Privitera
Publication en ligne le 15 octobre 2020

Résumé

Our paper examines the errors made by composers and book-makers in 16th- and 17th-century Italy. Errors made by composers were denounced by other composers, through the diffusion of written censures, or during public challenges in the presence of judges and witnesses. Errors made during the printing process can be found both in the paratext (forgotten or inverted letters and numbers in the title page) and in the text itself (omission of alterations or mistaken notes and words). Our paper ends with a discussion of errors and misunderstandings made by performers and listeners, including both those contemporary to the music, and others committed in modern performances of early music.

Nel saggio vengono esaminati gli errori che commettevano i compositori e chi produceva libri di musica in Italia tra Cinquecento e Seicento. Gli errori dei compositori venivano rilevati da altri compositori, con censure diffuse per iscritto, oppure in pubbliche disfide in presenza di giudici e testimoni. Gli errori legati al processo della stampa si presentavano invece sia a livello di paratesto (dimenticando o invertendo lettere e numeri nei frontespizi), sia a livello di testo (omettendo alterazioni, o sbagliando note e parole). Il saggio si conclude discutendo errore e fraintendimenti di esecutori e di ascoltatori, sia quelli testimoniati dalle fonti del tempo, sia quelli che si possono notare nelle odierne riprese della musica antica.

Mots-Clés

Table des matières

Article au format PDF

Musica sbagliata (version PDF) (application/pdf – 1,4M)

Texte intégral

Per quanta diligentia s’usi allo stampare, qualsiasi Opera non si può (per modo discorsivo) far quasi di meno non vi scorrono qualche inevartenze ; & se bene il volgo dice tutte essere di stampa non sempre però, tal volta nascono dall’Autore, dal Copiatore, dal Compositore, dal corettore & ancora nella stampa mentre si rivoltano lettere ò note sottosopra (Cartella musicale nel canto figurato, fermo, & contrapunto, del P.D. Adriano Banchieri, Venezia, Vincenti, 1614, c. 8r)

1Il nostro contributo è dedicato agli errori nel mondo musicale italiano tra Cinquecento e Seicento ; e poiché le piste di indagine su tale argomento sono troppo ricche e numerose per esaurirle in questa sede, ci siamo concentrati su due di esse : gli errori di chi scriveva la musica (i compositori), e gli errori di chi la stampava (non solo gli editori, ma anche altre figure connesse : compositori tipografici, correttori delle bozze, stampatori, etc.)1. Le abbiamo scelte perché è a queste persone che si deve, pur con diverse responsabilità, la costruzione e la diffusione dei testi musicali2.

2Tuttavia un testo musicale, benché abbia esistenza autonoma come manufatto librario (a stampa o manoscritto), necessita di interpreti per essere fruito. E ancora, come giustamente afferma Zarlino, « se non vi si trovasse Soggetto disposto [ad ascoltare], cioè l’Uditore, il quale udissi volentieri queste cose, & in esse si dilettasse […] in vano ogni Musica sempre si affaticherebbe »3. Perciò a conclusione della nostra disamina abbiamo posto qualche breve considerazione anche sugli errori in cui incappavano esecutori e ascoltatori. E siccome il flusso testo-esecutore-ascoltatore si rinnova ai nostri giorni (edizioni moderne di musiche antiche, loro esecuzioni e registrazioni che vengono ascoltate dalle nostre orecchie) abbiamo inserito in conclusione qualche spunto anche sugli errori di noi “moderni”.

Autori

3Per parlare di errori dei compositori dobbiamo partire da una considerazione di fondo : come in tutta la comunicazione umana, anche nella musica non basta che qualcuno dica « qui c’è un errore », ma ci vuole anche una comunità che condivida tale valutazione e stabilisca una sanzione. È importante ricordarlo, perché, nel periodo che ci interessa, la posta in gioco era alta : un compositore colto in fallo poteva perdere la reputazione, che, come dice Marco da Gagliano, « dee stimarsi al par della vita propria, e della più cara cosa che faccia graditi gli Uomini nel cospetto del mondo »4. La perdita di reputazione significa perdita di lavoro : perciò, quando un compositore voleva sbarazzarsi di un rivale per prenderne il posto o nel timore di essere scalzato, ne spulciava le opere in cerca di errori da denunziare pubblicamente.

4Ma una comunità concorda nel riconoscere un errore in base a norme condivise. E quali norme, nel Rinascimento, permettevano di stabilire che un compositore commetteva errori ? Per saperlo basta scorrere il più importante trattato del Cinquecento, le Istitutioni harmoniche di Gioseffo Zarlino (1558). La prescrizione più importante riguarda le consonanze. Se gli intervalli, dice Zarlino, prendono il nome dal numero delle note che coprono (la terza copre tre note, la quarta quattro, etc.), sotto un medesimo nome stanno però intervalli diversi : maggiori, minori, giusti, aumentati e diminuiti. I compositori poco avvertiti non fanno le dovute distinzioni e talvolta mettono, ad esempio, una quinta diminuita dove ce ne dovrebbe stare una giusta5. Ma oltre a saper trattare gli intervalli, un compositore deve saper costruire un buon soggetto, nel quale le consonanze si alternino in modo equilibrato con le dissonanze ; deve dare alla musica varietà ; deve scegliere il modo adatto ; e infine deve far sì che la musica sia adeguata alle parole che intona : « che nelle materie allegre, l’harmonia non sia flebile ; & per il contrario, nelle flebili, l’harmonia non sia allegra »6. Queste le regole fondamentali. Ma i loro confini non sono tracciati in modo inequivocabile ; e se un compositore voleva danneggiare un collega, poteva espanderli esasperandone il senso.

5Fondamentalmente, un compositore determinato ad agire da inquisitore poteva seguire due vie : diffondere, prima a voce poi per iscritto, censure all’opera di un collega ; oppure sfidare un altro musicista a misurarsi in una gara di composizione all’impronta, davanti a un giudice7. Entrambe le possibilità erano ricorrenti, e quasi istituzionalizzate. Venivano infatti nominate giurie di persone competenti, che alla fine, in presenza di un notaio o comunque di testimoni, rilasciavano dichiarazioni giurate. Insomma, qualcosa a metà tra una causa legale e la gestione di un duello.

6Quando un compositore veniva attaccato, in genere la prima reazione era ignorare la cosa, « sperando », come dice Marco da Gagliano, « […] che per la sua legierezza dovesse tosto svanir del tutto cotal rumore »8. Se però l’altro insisteva, si poteva provare a negargli legittimità, soprattutto se l’accusato aveva pubblicato opere musicali, e l’accusatore no. Le opere a stampa erano infatti una specie di patente professionale. Ma se anche ciò non bastava, ecco lo scontro aperto.

7Un esempio efficace è fornito da una nota polemica accesasi a Bologna fra l’organista Giulio Cesare Arresti e Maurizio Cazzati, maestro di cappella a S. Petronio dal 1657 al 16719. La polemica comincia nel settembre del 1659, quando il musicista bolognese Lorenzo Perti, sodale di Arresti, invia ai canonici di S. Petronio una lettera nella quale mostra dettagliatamente che Cazzati ha commesso molti errori di contrappunto in una sua raccolta di Messe e salmi opera XVII (1655). Cazzati, si dice nella lettera, non sa costruire le fughe, e la sua musica è come « il Ruggero e la Bergamasca che suonan gli orbi », cioè musichette per ballare10. Un’altra critica è più sostanziale : Cazzati è accusato di allontanarsi arbitrariamente dalle regole consolidate, adducendo come giustificazione che « è una nova maniera ». Ma una cosa è la maniera, e un’altra è la regola. Maniera vuol dire « comporre allegro, mesto, facile, difficile », cioè avere uno stile ; e in questa dimensione un compositore ha più libertà. Ma le regole bisogna rispettarle ; a meno di aprire « una nova Scuola », e pubblicare libri teorici nei quali il compositore, con salde ragioni, « s’adopri che siano ammessi assai errori per regola ». Ed è qui che arriva la stoccata finale : « e se quali d’uno dicesse “io stampo libri di prattica, ne quali sono assai errori, e pur se ne vende qualchuno nelle librarie”, a questo si risponde “bisogna vedere chi li compra” ».

8Seguendo la strategia di cui si è detto, Cazzati dice che risponderà « quando quello che mandava fosse alquanto intelligente, e prattico nella scienza della Musica » ; requisito che evidentemente Perti non mostra di possedere.

9Arresti affina allora le armi e (verosimilmente nel 1661) esce allo scoperto scrivendo un Dialogo tra un maestro e un allievo desideroso di approfitarsi nel contrapunto, in cui attacca Cazzati a testa bassa. L’allievo e il Maestro discutono sulla partitura ricavata dalla Messa di Cazzati di cui sopra. Il Maestro ci va pesante con le critiche : « Tutta la cantilena è fatta senza modo, senza ragione, poco leggiadra, meno elegante, orba delle leggi, e de precetti degli eccellenti Maestri ». L’imitazione fra le voci è fatta talmente male che « quando miro questa compositione parmi veder parlar un Bergamasco con un Inglese, et un Siciliano con un Francese, et nissun di loro intenda il compagno ».

10Questa polemica continuerà ancora per diversi anni, con reciproche accuse affidate alle stampe, e non è possibile qui seguirla nel dettaglio. Per esemplificarne il tono riportiamo solo una pagina dal volume forse più duro, le Gare musicali, pubblicato nel 1664 da Arresti (fig. 1). Nel passo, preso da un pezzo di Cazzati, sono messe in bella evidenza le quinte parallele fra Canto e Alto : prima mi-si e fa-do, poi do-sol e re-la.

Image 10000000000001F40000014A5732D3FACF35B13B.jpg

Fig. 1 - Giulio Cesare Arresti, Gare musicali, parte II, Salmi a capella, Venezia, Magni, 1664 (cortesia del Museo internazionale e biblioteca della musica, Bologna) (voir l’image au format original)

11Davanti a questa storia la domanda più immediata è perché Arresti si sia imbarcato in una polemica così dura, lunga e anche dispendiosa. Affronteremo la questione fra poco, dopo aver esaminato un’altra pubblica disfida di composizione fra due contendenti, davanti ad un giudice.

12Uno dei contendenti è un compositore spagnolo, Sebastián Raval, maestro della cappella reale di Palermo dal 1595 fino alla morte (1604). Un quadro efficace della sua personalità lo dà Pier Francesco Valentini, che aveva conosciuto personalmente Raval a Roma :

Venuto à Roma circa l’anno 1595 conoscendosi di esser buon contrapuntista con la solita albagia spagnuola pretendea che nel mondo non vi fosse un pari suo, e pero andava audacemente a trovare li primi musici che in quel tempo erano in Roma, sfidandoli a fare Contrapunti e Canoni à mente, non per altro che per smaccarli e farli conoscere dal mondo di minor sapere di se. Mà egli al fine restò chiarito, et appagato dal gran contrapunto, che era in Gio. Maria Nanini, che fù uno de’ Musici della Cappella Ponteficia, et in Francesco Soriano, che fù maestro di Cappella in San Pietro in Vaticano11.

13La stessa tattica Raval usa in Sicilia, nella primavera del 1600, con l’altro contendente, il giovane compositore cosentino Achille Falcone. La storia di questa disfida ci è raccontata dal padre di Achille, Antonio (anch’egli musicista), che a tre anni dalla prematura scomparsa del figlio pubblica a Venezia una singolare stampa, indirizzandola « Alli Signori Musici di Roma » (gli stessi ai quali fa riferimento Valentini !), di fatto un equivalente musicale dell’odierna Corte di Cassazione : Madrigali a cinque voci di Achille Falcone Musico & Accademico Cusentino Maestro di Cappella di Caltagirone, con alcune opere fatte all’improviso à competenza, con Sebastiano Ravalle Fra Cappellano di Malta, e Maestro della Cappella Reale di Palermo, con una narratione come veramente il fatto seguisse12. Oltre a quindici madrigali di Achille, composti negli anni precedenti, il libro comprende sei pezzi nella duplice realizzazione di Falcone e di Raval. Alla parte del Basso è allegata una Relatione scritta da Antonio Falcone, che racconta i dettagli della disfida e comprende numerosi esempi musicali. Essa è evidentemente un’apologia del figlio Achille, e poiché non ci sono pervenuti documenti che riportino il punto di vista di Raval, essa va usata con molta cautela. Tuttavia, come argomentato nella prefazione all’edizione moderna di questa raccolta (pp. xxxv-xxxvi), appare improbabile, per varie ragioni, che la Relatione fornisca una versione falsificata della storia13. Pensiamo perciò che nei suoi contenuti essenziali sia da considerare attendibile, e sulla sua traccia si fonda la nostra esposizione.

14L’antefatto è un incontro avvenuto a Siracusa, fra Raval e Vincenzo Mirabella, erudito siracusano che faceva anche professione di musico. Mirabella mette in evidenza diversi errori presenti nelle composizioni di Raval ; il quale, offesosi, gli chiede il nome dei suoi maestri : che sono il cosentino Antonio Falcone e il suo giovane figlio Achille. « Da qui inanzi », scrive Antonio, « […] concepì egli tanto odio, e veleno contra mio figliolo, che sempre cercò occasione di poterlo vomitare ». L’occasione si presentò a Palermo, dove Achille si era recato nella primavera del 1600. Incontratisi nella « strada del Cassero », i due vennero a parlar di musica ; e Raval si vantò d’aver composto « un Madrigale a cinque, con cinque fughe riversciate d’accordo ». Alle perplessità espresse da Achille sulla fattibilità di una tal composizione « rispose Raval, che si poteano far troppo, & che egli l’havea fatte, & era pronto farci seco scommessa d’un anello d’oro ». Achille accetta, ma così facendo fomenta ancor più il risentimento del maestro di cappella, che « montato in maggior rabbia e sdegno, parendoli tempo di vomitar il nascosto veleno disse turbatamente voler fare scommessa seco in ogni sorta di compositione ».

15Achille accetta le sette prove di composizione, ma alza la posta, richiedendo come ottava prova un discorso teorico supportato dall’esempio di maestri indiscussi. I due avversari concordano nell’indicare come giudice supremo il « R. P. Fra Nicolò Toscano dell’ordine di S. Domenico, […] religioso venerando per virtù, e santità di vita […], intendentissimo della scienza della Musica ». Antonio riporta le fughe che i contendenti si scambiano vicendevolmente, e ci racconta che Achille si dimostra accomodante, mentre Raval tenta invano di sostituire la fuga composta all’impronta con un’altra scritta con comodo a casa sua. Nella sua sentenza, datata 18 aprile 1600, l’anziano religioso scrive :

l’opera del sig. Raval è composta senza artificio niuno, e non vi si scorge cosa d’arte ne d’ingegno, ne ha il detto Sig. Raval addottomi in suo favore auttorità rilevante in sua difesa : Al contrario in quella del Sig. Achille vi si scorge arteficio grande […] e nell’informatione, qui inclusa datomi prove con efficacissime auttorità, l’opera sua essere stata composta con artificio.

16Il giudizio di Padre Toscano è decisamente pesante per Raval, anche se non parla esplicitamente di errori di contrappunto (come invece Arresti fa con Cazzati), bensì di stile e di mancato supporto teorico al suo operare. Lo smacco per il musicista del Viceré, che aveva già pubblicato sei opere mentre il giovane Achille ancora nulla, è insopportabile, « onde come uscito da se stesso attaccò cartelli pubblici per tutti i pontoni di Palermo sfidando mio figliolo a comporre all’improviso inanzi sua Eccell. E tutto questo per poter adempir l’inganno, che tra se ordinato havea ».

17Achille accetta la provocazione « acciò si terminasser tanti litigi », ma insiste nella richiesta della discussione teorica e richiede che il giudizio sia formulato « da valent’huomini, e non da persone partiali ». In questa seconda fase Padre Toscano, da giudice super partes, diventa padrino di Achille. Il patto è « che si avesse a comporre all’improviso in quello stesso loco un Madrigale, à tre, & un altro a sei & un Motetto a sette, con un Canon di dentro ». La competizione si svolge in un’atmosfera surriscaldata : « dalla parte dove componeva il Raval fecero entrare molti musici […] ; ma dalla parte dove componeva Achille, non volsero che ci entrasse altro che appena il Patrino ».

18Saltata a pie’ pari la discussione teorica, Achille, « serrati gli orecchi » agli schiamazzi dei « partiali » di Raval, scrive le sue composizioni, che riscuotono l’ammirazione del Viceré. La seconda Fede di Padre Toscano, datata 26 luglio 1600, contiene le accuse più gravi : Raval si impadronisce dei pezzi dell’avversario, se li porta a casa e sulla loro scorta corregge come può i suoi e falsifica quelli dell’antagonista ; fa sparire la parte del Basso del madrigale a tre di Achille e una parte del Mottetto. E « tanto seppero tramare, e tanto può la forza i rispetti, & i favori del mondo », che Raval ottiene una sentenza a lui favorevole.

19« Vedendo mio figliolo soffogata la sua ragione, si risolse […] disfidar il Raval a venir in Roma ». Lì avrebbe dovuto compiersi il terzo grado di giudizio. Secondo Falcone padre, Raval continua nella sua opera di denigrazione : avendo nelle sue mani le composizioni di Achille, « così falsificate le ha mandate in istampa senza niuno mordimento di coscienza ». E questa stampa avrebbe contenuto una Apologia, con la versione dei fatti secondo Raval – che purtroppo, al pari della stampa stessa, non ci è pervenuta.

20Ma le cose prendono una piega tragica : dirigendosi a Roma, Achille fa tappa nella città natia. Si ammala e « nel principio di Novembre [1600] piacque al Signore Dio chiamarlo da questa a miglior vita ». Ritrovate dopo un po’ di tempo le opere del figlio, Antonio – come abbiamo detto – le fa stampare, inviandole ai Musici di Roma, affinché le giudicassero14.

21Per concludere questa prima parte del nostro contributo, dedicata ai compositori, riprendiamo ed allarghiamo la domanda posta poco fa e lasciata in sospeso : cioè per quale ragione Arresti e Raval si sono lanciati in disfide così aspre e impegnative. Ne è causa la rivalità professionale. Arresti attacca Cazzati perché questi, insediatosi a San Petronio, fa cambiamenti radicali nell’organico della cappella e spariglia i privilegi consolidati, compresi quelli dello stesso Arresti. Per far fuori Cazzati, egli deve distruggerne la reputazione di compositore, perché è quella a legittimarlo come maestro di cappella. Per ciò mette in evidenza tutti gli errori di quinte e ottave che, bisogna dirlo, pur esistono nella musica di Cazzati. Spera così non solo di vederlo licenziato, ma, essendosi assunto il ruolo di censore, di succedergli. Alla fine, però, risulteranno entrambi sconfitti : Cazzati si dimetterà, sì, ma Arresti non ne prenderà il posto15.

22Raval, a sua volta, come maestro della cappella reale, deve difendere il proprio prestigio : perciò sfida il giovane e brillante provinciale, di cui tutti parlano bene. Subìto un primo smacco, la rivincita è d’obbligo e dev’essere pilotata, per evitare brutte sorprese. Quando la vittoria arriva, la vendetta di Raval è brutale, perché vieta a Falcone di lanciare altre sfide, anche con altri compositori, pena non esser più considerato musico – cioè non poter più lavorare. Ma ciò che in questa vicenda più lascia l’amaro in bocca è un secondo epilogo della vicenda. Il 20 luglio 1603 (cioè appena dieci giorni dopo la pubblicazione dei pezzi di Achille curati da Antonio Falcone) Raval firma da Palermo la dedica di una celebre stampa collettiva purtroppo non pervenutaci, Infidi lumi, concepita come omaggio a Giovanna d’Austria, figlia del vincitore di Lepanto, che arrivava a Palermo per andar sposa a Francesco Branciforte e Barresi16. Ebbene, tra i venticinque compositori che intonarono i madrigali composti dal poeta Luigi d’Eredia, tutti conclusi dal verso tassiano « Specchi del cor fallaci, infidi lumi »17, ritroviamo gomito a gomito tutti i musicisti palermitani (e non solo) che tre anni prima erano stati attori e testimoni della disfida : fra questi il francescano Vincenzo Gallo, Antonio Il Verso, il gesuita Erasmo Marotta, Vincenzo Mirabella (il primo denigratore di Raval), lo stesso Padre Nicolò Toscano. All’appello non manca proprio nessuno…

Produttori

23Passiamo adesso a chi si occupava della stampa. Le persone coinvolte nel processo editoriale erano diverse. A noi interessano in particolare tre figure : i compositori tipografici (che preparano le matrici per la stampa) ; i correttori delle bozze ; l’editore (spesso coincidente con lo stampatore).

24Come ci raccontano le stampe stesse, ciascuna di queste figure poteva commettere vari errori. Gli editori riconoscevano apertamente il fenomeno e correvano ai ripari : « con ogni diligentia corretto » è infatti un’espressione che si legge quasi ovunque sui frontespizi dei libri cinque-secenteschi18. I leader dell’editoria musicale italiana del Cinquecento, Gardano e Scotto, si compiacevano di evidenziare gli errori altrui19. Guardiamo un libro che entrambi pubblicano nel 1548, con titolo e contenuto uguale : Madrigali de la fama a quattro voci. Scotto scrive sul frontespizio : « Fora del solito modo corretti, come a ciascuno facendone prova sara palese ». Cioè : ‘noi sì che facciamo edizioni accurate e corrette, e soprattutto questa volta, che abbiamo dovuto correggere i tanti svarioni di Gardano…’. Del resto non gli si può dar torto, se si guarda con attenzione la data sul frontespizio di Gardano (fig. 2) : invece di « M. D. XLVIII. » (Mille, Cinquecento, Quarantotto) si legge « D. M. XLVIII. » (Cinquecento, Mille, Quarantotto).

Image 10000000000001F4000001A489EA829942FE1B0A.jpg

Fig. 2 - Madrigali de la Fama, Venezia, Gardano, 1548 (da IMSLP, Petrucci Music Library, https://imslp.org) (voir l’image au format original)

25Ma consideriamo qualche esempio di errori dei compositori tipografici (ma anche dei correttori di bozze) a livello di paratesto. Un caso particolarmente divertente è il Primo libro di madrigali a tre voci di Costanzo Festa, nell’edizione Gardano del 1564, dove sembra di vedere lo zampino del diavolo : « novamente per Antonio Gardano ristampati et cortetti » (fig. 3).

Image 10000000000001F400000174E62EDCF645216AF6.jpg

Fig. 3 - Di Constantio Festa il Primo Libro di Madrigali a tre voci, Venezia, Gardano, 1564 (cortesia della Biblioteca Universitaria di Padova) (voir l’image au format original)

26Un altro buffo errore è nel frontespizio di una ristampa fatta da Scotto nel 1586 del Secondo libro dei madrigali di Orlando di Lasso (fig. 4). L’editore non ha scritto « con ogni diligentia corretto » ; e bene ha fatto, perché nel bel mezzo della pagina si legge « Il secodo libro… ». E poiché la matrice del frontespizio veniva riutilizzata per tutti i libri-parte, cambiando solo la specifica della voce, l’errore si ritrova in tutti i fascicoli.

Image 10000000000001F40000028FFDE933933BCDF22D.jpg

Fig. 4 - Di Orlando di Lassus il Secodo Libro di madrigali a cinque voci, Venezia, Scotto, 1586 (cortesia della Universitäts- und Stadtbibliothek Köln) (voir l’image au format original)

27O ancora si guardi il frontespizio della ristampa, fatta nel 1544, del primo libro di Madrigali a quattro voci di Philippe Verdelot (fig. 5). I madrigali sono diventati « a quarto voci ».

Image 10000000000001F400000163AC6175CD9066FECD.jpg

Fig. 5 - Verdelot a quarto voci, Venezia, Gardano, 1544 (cortesia del Museo internazionale e biblioteca della musica, Bologna) (voir l’image au format original)

28Esempi di questo genere sono numerosi. Tuttavia, hanno un interesse prevalentemente aneddotico. Più interessanti sono invece gli errori che vanno ad incidere sul testo musicale. Si consideri ad esempio Il terzo libro delle laudi spirituali, una raccolta collettiva pubblicata a Roma dagli eredi di Antonio Blado nel 1577.

Image 10000000000001F40000015C63AF087813DE7A61.jpg

Fig. 6 - Il Terzo Libro delle Laudi Spirituali, Roma, Blado, 1577 (cortesia del Museo internazionale e biblioteca della musica, Bologna) (voir l’image au format original)

29Il pezzo che si vede nella figura 6 è in fa per bemolle ; cioè il sib vale per tutto il pezzo ed è posto all’inizio di ogni pentagramma. Ma nella parte del Tenore due pentagrammi su quattro non ce l’hanno : evidente dimenticanza del compositore tipografico. In astratto è un errore grave, perché nel secondo pentagramma, mancante di bemolle, il si compare tre volte, e cantarlo naturale creerebbe un urto insopportabile con il sib del Basso. In realtà, chiunque avesse usato quel libro, avrebbe capito che l’alterazione deve valere per tutto il pezzo. Perciò, pur riguardando la musica stessa, non è un errore dalle conseguenze gravi.

30In altri casi invece la sostanza musicale è seriamente compromessa dagli errori che riguardano le altezze delle note e le alterazioni. In polifonia, che una nota o un’alterazione siano giuste o sbagliate dipende dal rapporto che una voce ha con le altre. Gli errori più gravi, quinte e ottave parallele, appaiono solo nelle relazioni fra le voci, e solo molta pratica o molta scienza permettono di accorgersene ; perciò la persona più adatta a rilevare questi errori era un compositore navigato. Esemplare, a questo proposito, è Claudio Merulo, che tra il 1565 ed il 1570 si fece editore musicale in proprio, a Venezia, e stampò una trentina di libri20. La sua intelligenza musicale si vede soprattutto nell’edizione del Primo libro di madrigali a quattro voci di Philippe Verdelot, del 1566, che è preceduta da un’avvertenza al lettore. È piuttosto lunga, ma vale la pena leggerla per intero :

Ogniuno di voi sa, Benigni lettori, che nello stampare, & ristampar piu volte un’opera corrono diversi gravissimi errori : ma se questo in alcuna è mai avvenuto, può dirsi con verità, che i Madrigali di Verdelot habbiano miseramente corso tale infortunio ; come quelli ch’essendo prima stati stampati in forme di legno piccole, & poi in piu volte in altro sesto maggiore, hanno patito cosi manifesti falli ; che ad ogni mediocre Musico facevano stomaco. Potrei dir d’haverci trovato in diversi luoghi due quinte ; due, tre, & piu ottave in molti altri, ch’io ho levate via ; con altri simili, che non possono stare : ma io non miro ad altro che a sodisfarvi, & lasciarvi il giudicio libero, & la facultà di farne paragone. Vi basti saper questo, ch’io ho avuto quel rispetto in honorar le compositioni di Verdelot, co’l notarvi tutti quei segni, ch’io v’ho notati ; che parimente ho avuto in giovare a chi è principiante nel cantare ; il quale, per non sapere, sostenta, & finge, ove non bisogna : & mi sono sforzato di restituire il primo candore a questi Madrigali, nella maniera, che l’Auttor gli compose ; o volse, come huomo di molta esperientia nella Musica, che fossero cantati ; come per ventura potrebbe veder, chi havesse i registri. Ho trasposto delle note da un luogo a un altro per arricchire il contrapunto ; & ho preso carico di segnar minutamente ogni cosa, per facilitar questa scientia a’ principianti.

31I destinatari principali delle stampe di Merulo non sono cantori esperti, bensì i principianti, i quali commettono due tipi di errori : fanno valere un’alterazione scritta anche su note che non la richiedono (« sostengono ») ; e mettono alterazioni su note che non ne hanno bisogno (« fingono »). Per capire esattamente come abbia lavorato Merulo, prendiamo il madrigale Divini occhi sereni, e confrontiamo la sua edizione con quella del 1537, di Scotto (la prima giuntaci completa) (fig. 7a)21. Il pezzo è in re per bequadro (primo modo) ; e su re finiscono quasi tutte le cadenze. Si può notare che Merulo indica chiaramente il do# in cadenza, sulla parola « pieni » (fig. 7b). Nella stampa del 1537 il # non c’è ; e questa è una tipica alterazione che sarebbe stata applicata automaticamente da un cantore esperto, ma forse non da un principiante.

Image 10000000000001F400000120F77D64A5C2D9B674.jpg

Fig. 7a - Il primo libro de Madrigali di Verdelotto, Venezia, Scotto, 1537 (cortesia del Museo internazionale e biblioteca della musica, Bologna) (voir l’image au format original)

Image 10000000000001F4000000E1F78F06A0AFB5F6A1.jpg

Fig 7b - I Madrigali del Primo e Secondo Libro di Verdelot, Venezia, Merulo, 1566 (cortesia della Bayerische Staatsbibliothek München) (voir l’image au format original)

32Poi sulla frase « Perdonimi gli altr’occhi » Merulo mette il bemolle a tutti e due i si. Nell’edizione 1537 il bemolle non c’è, perché un cantore esperto avrebbe cantato automaticamente sib, basandosi sulla regola che « una nota supra La semper est canendum Fa ». Ancor più interessante è la ripetizione del # per tutti i fa della frase « Et se questa parola ». Merulo si premura di ripetere il # perché un principiante poteva non sapere che, con una sequenza di note consecutive della stessa altezza, l’alterazione messa alla prima vale anche per le altre.

33Passiamo adesso a considerare cosa poteva succedere durante la correzione delle bozze. Spesso erano gli stessi autori della musica a farla ; e se vivevano in città diverse da quella dello stampatore, dovevano trasferirvisi per qualche tempo. Ad esempio Ludovico Zacconi, cantore a Monaco presso il duca di Baviera, nel 1592 chiede licenza al suo padrone per andare a stampare il suo trattato Prattica di musica a Venezia ; e ci resta ben quattro mesi e mezzo22. Ma non sempre un compositore poteva occuparsi della correzione delle bozze ; ad esempio quando la pubblicazione di un suo libro era completamente gestita da qualcun altro. È questo il caso di una raccolta di Giovan Domenico Puliaschi, stimato cantore della cappella pontificia. Nel maggio del 1618 l’editore Robletti pubblica un volume di sue musiche, intitolato Gemma musicale ; ma la cura è di Giovan Francesco Anerio, che nella dedicatoria dichiara di aver voluto rendere note queste musiche per « la vaghezza, e leggiadria loro ». Un gradito omaggio per Puliaschi, dunque. Solo che, appena un mese dopo e sempre a Roma, un altro editore, Zanetti, pubblica un volume dal titolo Musiche varie […] di Gio. Domenico Puliaschi, che ha gli stessi pezzi della Gemma musicale uscita da pochissimo. La dedica, questa volta di Puliaschi al cardinale Borghese, chiarisce il perché di questa così insolita seconda edizione :

Quei componimenti di Musica da me fatti […] essendo stimat[i] dal Signor Gio. Francesco Anerio […], non indegni delle pubbliche orecchie, già gli ha honorati con me stesso facendoli uscir fuori, con titolo di Gemma Musicale. Nella cui edizione essendo, per mancamento di chi gli ha stampati, scorse molte scorretioni, sono stato costretto, per salvar non meno il giuditio di tant’huomo che la propria mia riputatione, di restituirli con l’emendatione, all’esser loro di prima […].

34Ci sono altre ragioni, ancora più forti, per cui un compositore poteva non sovrintendere alla stampa : perché era già morto, o perché non poteva intraprendere il viaggio. La nefasta combinazione di queste due circostanze si vede nella stampa dei Madrigali di Achille Falcone, di cui abbiamo parlato ampiamente. Quando il libro esce, Achille è già deceduto e il padre Antonio, « per la vecchiezza & altri impedimenti domestici » non può recarsi a Venezia23. Così non c’è nessuno che possa impedire all’editore Vincenti di commettere un grosso errore, cioè non stampare l’intera parte dell’Alto di un madrigale (Aspro cor, dolce viso). Evidentemente Vincenti deve aver preso sotto gamba questo libro commissionatogli da un provinciale vecchio e isolato.

35Ma anche quando l’editore o una persona di sua fiducia si sforzavano di correggere gli errori « con ogni diligentia », ugualmente essi non mancavano. Piuttosto esemplare, in questo senso, è quanto si legge in coda alla dedicatoria del Primo libro di madrigali a quattro voci di Archadelt, pubblicato da Gardano (1539)24 :

Eccovi Monsignor mio sopra i cinquanta Madrigali [di Archadelt], la giunta di diece altri, ben che assai piu chiara vi deve essere questa seconda Impressione, quanto con piu bel ordine e piu corretta vi viene innanzi, non senza scorno di quegli Stampatori, che ristampatigli in Milano, non si sono aveduti d’alcuni errori ch’erano ne la prima stampa, piu tosto per incuria de i miei compositori ; che mia25.

36Per chiudere questa parte dedicata agli errori in tipografia, prendiamo in esame alcuni refusi che derivano dall’editore. Nei primi decenni della stampa musicale, ad assemblare un libro di musica ci pensava l’editore, e non il compositore, come dimostra il fatto che agl’inizi del Cinquecento vengono pubblicate prevalentemente antologie di diversi autori26. Per assemblare un libro, gli editori potevano direttamente dare commissioni ai compositori, ma frequentemente attingevano a manoscritti in possesso di collezionisti, spesso copie di copie. Perciò le fonti utilizzate potevano recare tutte quelle corruzioni, sia nella musica sia nelle parole, che accompagnano le tradizioni manoscritte. Così nel passaggio da una copia a un’altra facilmente si perdevano i nomi degli autori ; non appaiono perciò strane le frequenti attribuzioni sbagliate, corrette in edizioni successive. Un caso molto esplicito è una raccolta pubblicata da Gardano a Venezia nel 1546, intitolato (fig. 8) : Il Primo Libro d’i Madrigali de diversi autori a misura di breve novamente ristampato. Aggiontovi ancora alcuni madrigali novi & posto li suoi nomi veri di autori nelli madrigali dove erano stati posti altri nomi per errore27.

Image 10000000000001F40000016123FDB10A93FF5F16.jpg

Fig. 8 - Il Primo Libro d’i Madrigali de diversi autori a misura di breve, Venezia, Gardano, 1546 (cortesia del Museo internazionale e biblioteca della musica, Bologna) (voir l’image au format original)

37E nel fuoco della concorrenza fra diversi editori, facilmente uno fa intendere che l’altro ha sbagliato ad attribuire i pezzi, o li ha attribuiti falsamente. Ad esempio Scotto fa uscire nel 1549 il Libro terzo de d. autori eccellentissimi, li madrigali a quattro voce a notte negre nuovamente posti in luce con somma diligentia corretti et stampati ; e subito dopo Gardano fa uscire Il vero terzo libro di madrigali de diversi autori a note negre, con quasi tutti gli stessi autori di Scotto, ma con molti altri che invece lì non c’erano, e in più la Canzon di cald’arrost, di successiva fortuna editoriale.

38A conclusione di questa parte dedicata agli errori in tipografia, ricordiamo una vera e propria frode in commercio : la stampa di Gardano Di Constantio Festa il primo libro de madrigali a tre voci, con la gionta di quaranta madrigali di Ihan Gero, novamente ristampato e da molti errori emendato, aggiuntovi similmente trenta canzoni francese di Jannequin (1541). Ma di Costanzo Festa in realtà la raccolta comprende un solo madrigale (Afflitti spirti miei) : il nome del musicista già noto è evidentemente utilizzato a scopo pubblicitario. Lo conferma il fatto che quasi tutte le stesse composizioni furono ripubblicate sempre da Gardano nel 1543 col più onesto titolo di Quaranta madrigali di Ihan Gero, insieme trenta canzoni francese di Clement Jannequin di nuovo ristampati (1543), dove il pezzo di Festa non è più presente.

Cantori e uditori

39Per concludere, facciamo alcuni cenni agli errori di cantori e uditori. Per i primi, ci sembra che i loro errori possano derivare da tre diverse cause : ignoranza, imperizia, supponenza. Tre condizioni che intrattengono fra di loro vari tipi di relazione, giacché la forma più neutra di ignoranza, il semplice non sapere, diminuisce con l’applicazione allo studio e con l’esperienza. Molto istruttivo è al proposito quanto ci racconta Lodovico Zacconi nella sua autobiografia (scritta nel 1625), a proposito dei propri esordi da cantore. Durante il noviziato gli viene insegnato solo il canto fermo, e non quello figurato (cioè polifonico) che non era praticato in convento :

40[…] nell’uscir ch’io feci fuori [dal noviziato], ne sapevo anco tanto poco, che la felice memoria del P. Maestro Paolo nostro da Pesaro una mattina, doppo disnare, volendo provar un suo falso bordon Musicale, dandomi una parte in mano io non la seppi cantare ; e così, togliendomi di mano detta parte per darla a un altro, mi disse : « Tu sarai un cogo [ = cuoco]. Che cosa hai tu imparato in noviziato ? » Et io prendendolo a gran vergogna, da quella volta in qua m’ingegnavo d’impararne più che fosse possibile. Che perciò, sempre che si cantava in qualche luogo, io mi facevo innanzi et procuravo di tener il libro etiam ch’io non havessi cantato ; e mi giovò tanto questo, ch’andando a star in Ancona nel cantar i Madrigali del Padre nostro Guglielmo Intrico ch’erano difficili et intricosi pur assai, ne riuscivo con tant’honore, che niuno mi levava la parte di mano e sempre che bisognava provar qualche cosa, non lasciava me per altro ; e così, parendomi haver fuggito quel intoppo d’arrossirmi per essermi detto « tu non sai cantare », n’andavo anco alquanto altiero et ambizioso, vedendo fra cantori haver buon luogo et d’esser invitato ad ogni capitolo28.

41Cattive prassi ci sono illustrate dalla testimonianza di Zarlino, nell’esortazione ai cantori delle Istitutioni harmoniche29. Chi canta deve :

proferire la modulatione in quel modo, che è stata composta dal Compositore […] evitando di fare di suo capo alcune diminutioni tanto salvatiche (diro cosi) & tanto fuori di ogni proposito, che non solo fanno fastidio a chi loro ascolta ; ma commettono etiandio nel cantare mille errori.

42I cantori non devono alterare gli intervalli previsti dal Compositore (semitono al posto di tono e viceversa), « la onde ne segue di poi errori infiniti, oltra l’offesa del senso ». Devono tener conto della :

natura delle parole contenute nella compositione in tal maniera, che quando le parole contengono materie allegre, debbeno cantare allegramente, & con gagliardi movimenti ; & quando contengono materie meste, mutar proposito. Ma sopra il tutto (accioche le parole della cantilena siano intese) debbono guardarsi da uno errore, che si ritrova appresso molti, cioè di non mutar le Lettere vocali delle parole, come sarebbe dire, proferire A in luogo di E, ne I in luogo di O, overo U in luogo di una delle nominate : Ma debbono proferirle secondo la loro vera pronuntia. […] La onde dico che se udimo alle volte alcuni sgridacchiare (non dirò cantare) con voci molto sgarbate, & con atti, & modi tanto contrafatti, che veramente parino Simie, alcuna canzone, & dire, come sarebbe Aspra cara, e salvaggia e croda vaglia : quando doverebbeno dire : Aspro core, e selvaggio, e cruda voglia : chi non riderebbe ? Anzi (per dir meglio) chi non andrebbe in colera ; udendo una cosa tanto contrafatta, tanto brutta & tanto horrida ?30

43La supponenza invece è ben tratteggiata dall’avviso ai lettori che Monteverdi mette in apertura dei Madrigali guerrieri et amorosi. Parlando del genere concitato, Monteverdi precisa che consiste nell’uso sistematico del pirrichio, cioè suonare rapide sequenze di crome ribattute. Ma la sua esperienza è che gli esecutori, per presunzione, non le suonano :

Et perché a primo principio (in particolare à quali toccava sonare il basso continuo) il dover tampellare sopra ad una corda sedeci volte in una battuta gli pareva più tosto far cosa da riso che da lode, perciò riducevano ad una percossa sola durante una battuta tal multiplicità, et in guisa di far udire il pirricchio piede facevano udire il spondeo, et levavano la similitudine al oratione concitata. Perciò aviso dover essere sonato il basso continuo con gli suoi compagnamenti, nel modo et forma in tal genere che sta scritto31.

44Guardiamo adesso agli ascoltatori, con i loro pregiudizi e le loro inclinazioni : per essi la nozione di errore è alquanto sfumata, ma non meno interessante. Si tratta infatti di capire cosa le orecchie e la mente riescono a cogliere, a capire, a fraintendere.

45Luigi Rognoni affermava che « ascoltare una musica significa riviverne la storia : storia interna e storia esterna » ; ma si riferiva ai (suoi) contemporanei che si accostavano ad opere del passato, basate su moduli e forme non più attuali. In quel caso (e Rognoni si rivolgeva agli ascoltatori di programmi radiofonici) bisognava « necessariamente riproporre la storia dell’opera musicale […] sul piano della storia della cultura »32. Per gli ascoltatori di opere contemporanee, immersi nella stessa temperie culturale e ben consapevoli dei meccanismi anche artigianali che presiedono alla creazione di un pezzo, la distanza è per così dire annullata, quindi la comprensione dovrebbe essere più facile e immediata. Ma così non è : anche in questa circostanza le modalità di approccio possono essere in ogni tempo sbagliate.

46Memori del detto che buon musicista è colui che ascoltando un pezzo “vede” la partitura e vedendo la partitura “ascolta” la musica, citiamo, senza soffermarci più di tanto per la notorietà della polemica, il canonico bolognese Giovanni Maria Artusi. L’attenzione con cui egli prende in esame il madrigale di Monteverdi Cruda Amarilli è infatti indirizzata non all’insieme, considerato come entità complessa, bensì ad « alcune minime particelle » (come scrive il musicista nella nota indirizzata agli « Studiosi lettori » stampata in Appendice al suo Quinto libro di madrigali a cinque voci del 1605) ; per di più « nulla curandosi dell’oratione, tralasciandola in maniera tale, come se nulla avesse che fare con la musica » (come scriverà Giulio Cesare Monteverdi nella sua Dichiarazione stampata in appendice agli Scherzi musicali del fratello, editi nel 1607). Giudicando un frammento avulso dall’insieme e considerando un pezzo vocale come se fosse strumentale, Artusi commette un errore grossolano, dovuto probabilmente all’acredine nei confronti di un musicista che, ben consapevole di infrangere in alcune circostanze le regole consolidate, non mancava di ribadire orgogliosamente : « Io non faccio le mie cose a caso »33.

47Gli errori nell’interpretazione dei testi musicali possono verificarsi anche a distanza di secoli, allorché bibliotecari, musicologi, esecutori si accostano alle antiche fonti, interpretandone la scrittura in maniera scorretta. Per concludere riportiamo un paio di esempi.

48Nel 1937 un illustre musicologo, Federico Mompellio (1908-1989), pubblicò la prima monografia moderna dedicata al compositore siciliano Pietro Vinci34. Quando si occupa del Primo libro di madrigali a tre voci del 1582, dedicato a Marc’Antonio Colonna, egli trascrive il testo del madrigale d’apertura della raccolta, inteso a celebrare le virtù di « cinque guerrier d’Italia onore » ; e riferendosi ai primi due, i fratelli Marco Antonio e Filippo Colonna, così decifra e trascrive il verso apposto sotto le note :

Ecco cinque guerrier d’Italia honore,
Che i vestigi de padri et avi suoi
E la virtù e ‘l valore
Mostran seguir in questa età novella
A tal ch’io vedo homai fiorir tra noi.
Questi tolti non guarda la mamella ( ?)
Marco Antonio e Filippo Colonnesi,
Fratelli ambi cortesi,
E i tre cugini quasi d’una scorza
I Caraffeschi e ‘l mio gran Mucio Sforza.

49« Questi tolti non guarda la mamella » è fatto seguire (saggiamente) da un punto interrogativo : Mompellio era incappato infatti in un fraintendimento del testo. La voce del verbo « guardare », presente nella trascrizione, non c’è nell’originale poetico (di autore anonimo) : la lezione corretta è « Questi tolti non guar da la mamella », nel senso di ‘appena (« non guari ») tolti dalla mammella’, cioè appena svezzati, dunque estremamente giovani.

50L’esempio con il quale concludiamo questa nostra rassegna è più vicino a noi, ma ci riporta a un periodo precedente. In un disco che raccoglie alcune frottole di Bartolomeo Tromboncino, realizzato dal Consort of Musicke diretto da Anthony Rooley, troviamo uno strambotto, il cui testo è così riportato nel foglio che accompagna l’LP35 :

Stavasi Amor dormendo sotto un foggio,
Stanco di faieltar homini et dei
Nel più gentil fiorito e verde maggio
Quando rinfresca gl amorosi omei.
Su egli ollò una farfalla
E s’egli ontraggiò,
Ond’Amor corse per offender lei,
Ma sonnacchioso cadde pieno d’ira
Et la farfalla ancor sopra li gira, rip.

51Come si vede, non si evince la struttura metrica corretta, cioè un’ottava di endecasillabi con rima toscana (ABABABCC), perché il quinto verso è disposto su due righi. Errore davvero strano, dal momento che l’unità musicale è a misura di verso. Possiamo poi riscontrare numerosi errori : l’incomprensibile formulazione dell’ultima parola del primo verso (« foggio »), che inoltre non fa rima con il terzo e il quinto ; il verbo del secondo verso (« faieltar »), inesistente ; il verbo al singolare del quarto verso ; ma l’abbaglio macroscopico si è verificato nel quinto verso, che, così com’è scritto, non ha alcun senso. Riportiamo la dizione corretta, che si può leggere nell’edizione del Libro undecimo delle frottole (1514) curata da Francesco Luisi e Giovanni Zanovello :

Stavasi amor dormento sotto un fagio
stanco di sagittar homini e dei,
nel più gentil, fiorito e lieto magio
quando rinfrescan gli amorosi omei ;
svegliollo una farfalla e fegli oltragio,
onde Amor corse per offender lei,
ma sonachioso cad<d>e e pieno d’ira
e la farfalla anchor sopra li gira36.

52Peraltro questo testo compariva già nell’antologia di Eugenia Levi del 1909, attribuito ad Ercole Strozzi37.

53Il fatto che anche straordinari artisti come il Consort of Musicke (le cui interpretazioni amiamo moltissimo) cantino lo strambotto intonando il testo sbagliato conferma che, nonostante le migliori intenzioni, l’errore è sempre in agguato – cosa valida, ovviamente, anche per gli autori di questo contributo…38 Perciò ci congediamo (scaramanticamente) dai (benigni) lettori prendendo come nostro motto il titolo di un famoso gioco della Settimana Enigmistica : « Scoprite l’errore »…

Notes

1 Il presente contributo è stato progettato e discusso in ogni sua parte dai due autori congiuntamente. Tuttavia la responsabilità individuale della stesura è così ripartita: Massimo Privitera ha redatto l’introduzione e i paragrafi « Autori » e « Produttori », e Maria Antonella Balsano il paragrafo « Cantori e uditori ».

2 Per un esame delle figure coinvolte nel processo editoriale e delle loro responsabilità cfr. Jane A. Bernstein, Print Culture and Music in Sixteenth-Century Venice, New York, Oxford University Press, 2001, cap. 2. Per i rapporti fra compositori ed editori cfr. Jane A. Bernstein, «Financial Arrangements and the Role of Printer and Composer in Sixteenth-Century Italian Music Printing», Acta Musicologica, 63, 1991, pp. 39-56. Un efficace studio sul funzionamento della stampa musicale è il recente Kate Van Orden, Materialities. Books, Readers, and the Chanson in Sixteenth-Century Europe, New York, Oxford University Press, 2015.

3 Gioseffo Zarlino, Le istitutioni harmoniche, Venezia, Da Fino, 1558, parte II, § 7 (leggibile online: http://www.bibliotecamusica.it/cmbm/viewschedatwbca.asp?path=/cmbm/images/ripro/gaspari/_D/D035/ ). Sulla fruizione dei libri di musica cfr. Mary S. Lewis, «The Printed Music Book in Context: Observations on Some Sixteenth-Century Editions», Notes, second series, 46/4, 1990, pp. 899-918; Stanley Boorman, «Thoughts on the Popularity of Printed Music in 16th-Century Italy», Fontes Artis Musicae, 48/2, 2001, pp. 129-144.

4 Prefazione al secondo libro di Marco da Gagliano, Sacrarum cantionum, Venezia, B. Magni, 1622, originata dall’aspra censura rivolta al suo Sesto libro de madrigali da Mutio Effrem (la quale fu pubblicata poi a Venezia nel 1623). Di questi testi polemici abbiamo consultato la raccolta manoscritta conservata presso il Museo internazionale e Biblioteca della musica di Bologna, e reperibile online:

5 Zarlino, Istitutioni harmoniche, parte II, § 26.

6 Ibid.

7 Questa seconda strategia ha molte somiglianze con le competizioni pubbliche per diventare maestro di cappella tenute in varie parti d’Europa nella prima modernità; per l’esempio della Spagna dal xvi al xx secolo cfr. Philippe Canguilhem, L’improvisation polyphonique à la Renaissance, Paris, Classique Garnier, 2015, pp. 221 sgg.

8 Prefazione a Gagliano, Sacrarum Cantionum.

9 La vicenda è stata oggetto di diversi studi: Ursula Brett, Music and Ideas in Seventeenth-Century Italy: the Cazzati-Arresti Polemic, 2 voll., New York-London, Garland, 1989; Edmond Strainchamps, «Theory as Polemic. Mutio Effrem’s “Censure … sopra il sesto libro de madrigali” di Marco da Gagliano», Music Theory and the Exploration of the Past, ed. Christopher Hatch e David W. Bernstein, Chicago, University of Chicago Press, 1993, pp. 189-216; Paolo Giorgi et al., «La polemica Arresti-Cazzati: alcuni documenti inediti», Maurizio Cazzati (1616-1678) musico guastallese: nuovi studi e prospettive metodologiche, ed. Paolo Giorgi, Guastalla, Associazione Giuseppe Serassi, 2009, pp. 218-260.

10 Questa e le successive citazioni sono prese dal Dialogo tra un maestro e un allievo desideroso di approfitarsi nel contrapunto, Bologna, Museo internazionale e Biblioteca della musica, ms. C 55, reperibile online (siamo moderatamente intervenuti sull’interpunzione, per agevolare la lettura):

11 Pier Francesco Valentini, La musica inalzata, ms. Città del Vaticano, BAV, Barb. lat. 4418, cit. in Esperanza Rodríguez-García, «Sebastián Raval (†1604) and “Spanish Arrogance”: How the Reputation of a Sixteenth-Century Composer Was Destroyed», Revista de Musicología, 37/1, 2014, pp. 169-195, in part. p 176.

12 Achille Falcone, Madrigali, mottetti e ricercari. Madrigali a cinque voci, con alcune opere fatte all'improviso a competenza con Sebastian Raval, maestro della Cappella reale di Sicilia, con una narrazione come veramente il fatto seguisse, Venezia, Giacomo Vincenzi (1603), ed. Massimo Privitera, con i canoni enigmatici risolti da Giovanni Doro (Musiche Rinascimentali Siciliane, XXI), Firenze, Olschki, 2000.

13 La Relatione di Antonio Falcone compare in riproduzione anastatica nel citato Falcone, Madrigali, mottetti e ricercari; da essa vengono tutte le successive citazioni.

14 Un giudizio molto diverso sulla disfida e sulla posizione di Raval dà Rodríguez-García, Sebastián Raval (†1604) and “Spanish arrogance”.

15 Cfr. Oscar Mischiati, voce «Cazzati», in Dizionario biografico degli italiani, vol. 23, 1979, ora disponibile online: http://www.treccani.it/enciclopedia/maurizio-cazzati_%28Dizionario-Biografico%29/.

16 Di questa raccolta musicale perduta ci sono pervenuti i testi poetici: cfr. Anna Maria Razzoli Roio, La fucina poetica. Madrigalisti siciliani del Seicento, Parma, Università di Parma, Edizioni Zara, 1987, pp. 7-20.

17 Torquato Tasso, Rime d’amore, LXXXVIII, M’apre talor madonna il suo celeste, v. 12.

18 Tanto che è stata adottata da Paolo Trovato come titolo per il suo studio su letteratura e stampa: Con ogni diligenza corretto. La stampa e le revisioni editoriali dei testi letterari italiani, 1470-1570, Bologna, Il Mulino, 1991.

19 Nonostante le evidenti rivalità fra questi due editori principali, è documentato almeno un caso di loro collaborazione: cfr. James Haar, «The “Note Nere” Madrigal», Journal of the American Musicological Society, 18, 1965, pp. 22-41, ora in Id., The Science and Art of Renaissance Music, Princeton, Princeton University Press, 1999, pp. 201-221, in part. p. 211; Bernstein, Financial Arrangements, pp. 43-sgg. Sui Gardano cfr. il monumentale Mary S. Lewis, Antonio Gardano, Venetian Music Printer, 1538-1569: a Descriptive Bibliography and Historical Study, vol. I, New York-London, Garland, 1988, vol. II, New York-London, Garland, 1997, vol. III, New York, Routledge, 2005, e Richard J. Agee, The Gardano Music Printing Firms, 1569-1611, Rochester, University of Rochester Press, 1998. Sugli Scotto cfr. Jane A. Bernstein, Music Printing in Renaissance Venice: the Scotto Press, 1539-1572, New York-Oxford, Oxford University Press, 1998.

20 Luigi Collarile, «Considerazioni sull’attività editoriale di Claudio Merulo (1566-1570)», Fonti musicali italiane, 12, 2007, pp. 7-38; Id., «Nelle mani dell’editore. Intorno alle due edizioni dei Ricercari d’intavolatura d’organo, libro primo di Claudio Merulo (1567, 1605)», Musica Iagellonica, 9, 2018, pp. 5-29. Cfr. anche A messer Claudio, musico: le arti molteplici di Claudio Merulo da Correggio (1533-1604) tra Venezia e Parma, ed. Marco Capra, Venezia, Marsilio-Parma, Casa della musica, 2006; e la voce «Merlotti, Claudio», di Rodobaldo Tibaldi, Dizionario biografico degli italiani, vol. 73, 2009 (abbiamo utilizzato la versione online: http://www.treccani.it/enciclopedia/claudio-merlotti_%28Dizionario-Biografico%29/).

21 Di questo libro di Verdelot cfr. l’eccellente edizione critica con studio storico-analitico Il Primo libro de’ madrigali a quattro voci (1533) di Philippe Verdelot nel contesto dell’età della Canzone (1520-1530), ed, Francesco Saggio, Pisa, ETS, 2014.

22 Cfr. Vita con le cose avvenute al P. Bacc(ellie)re fra Lodovico Zacconi da Pesaro […], ed. Ferdinando Sulpizi, s.l., Hyperprism/Edizioni, 2005, pp. 27 e 97.

23 Nella dedicatoria del citato libro di Achille Falcone, il cui originale può essere consultato on-line: http://www.bibliotecamusica.it/cmbm/viewschedatwbca.asp?path=/cmbm/images/ripro/gaspari/_B/B069/.

24 Sul Primo libro di Arcadelt, in assoluto la più famosa e fortunata raccolta di madrigali, cfr. Thomas Whitney Bridges, The Publishing of Arcadelt's First Book of Madrigals, PhD dissertation, Harvard University, 1982.

25 L’edizione del 1539 del Primo libro di Arcadelt, la prima a noi nota, è reperibile on-line: https://imslp.nl/imglnks/usimg/0/09/IMSLP276816-PMLP72490-01-cantus.pdf.

26 È circa dalla metà del secolo che i compositori cominciano a prendere in prima persona l’iniziativa editoriale. Bernstein, Financial Arrangements, pp. 45-46, segnala i casi del Primo libro a quattro di Corteccia (1544), e del Secondo libro a quattro di Donato (1568), in cui gli autori dichiarano nella dedicatoria di «aver fatto stampare» le proprie opere.

27 Grassetto nostro.

28 Vita con le cose avvenute, p. 60.

29 Zarlino, Istitutioni harmoniche, parte III, § 45.

30 Raccomandazione valida senz’altro ancora oggi: di recente abbiamo ascoltato una cantante intonare – ad apertura di concerto – «Vorrei bociorti, o Filli»!

31 Claudio Monteverdi, Lettere, dediche e prefazioni, ed. Domenico De’ Paoli, Roma, De Santis, 1973, p. 418.

32 Luigi Rognoni, Come si ascolta una musica, in Luigi Rognoni intellettuale europeo: documenti e testimonianze, ed. Pietro Misuraca, 3 voll., Palermo, CRICD, 2010, vol. III, pp. 81-86, in part. p. 85 e 86.

33 Cfr. Paolo Fabbri, Monteverdi, Torino, EDT, 1985, pp. 61 e 64.

34 Federico Mompellio, Pietro Vinci madrigalista siciliano, con una scelta di otto madrigali trascritti in partitura e quarantatré citazioni musicali, Milano, Hoepli, 1937.

35 Bartolomeo Tromboncino, Frottole, The Consort of Musicke, dir. Anthony Rooley, London, L’oiseau-lyre 1981, DSLO 593.

36 Frottole. Libro undecimo, Ottaviano Petrucci, Fossombrone 1514, ed. crit. Francesco Luisi, ed. testi poetici Giovanni Zanovello, Padova, CLEUP 1997, p. 58.

37 Eugenia Levi, Lirica italiana nel Cinquecento e nel Seicento fino all’Arcadia, Firenze, Olschki, 1909, p. 345.

38 Cfr. Maurizio Ferraris, L’imbecillità è una cosa seria, Bologna, Il Mulino, 2016, p. 8.

Pour citer ce document

Par Maria Antonella Balsano et Massimo Privitera, «Musica sbagliata», Textus & Musica [En ligne], 1 | 2020 - "Qui dit tradition dit faute ?" La faute dans les corpus chantés du Moyen Âge et de la Renaissance, Les numéros, mis à jour le : 05/03/2021, URL : https://textus-et-musica.edel.univ-poitiers.fr:443/textus-et-musica/index.php?id=437.

Quelques mots à propos de :  Maria Antonella Balsano

Università di Palermo, mariaantonella.balsano@unipa.it

Quelques mots à propos de :  Massimo Privitera

Università di Palermo, massimo.privitera@unipa.it

Droits d'auteur

This is an Open Access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License CC BY-NC 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-nc/3.0/fr/) / Article distribué selon les termes de la licence Creative Commons CC BY-NC.3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-nc/3.0/fr/)